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Le edizioni di Aldo Manuzio furono subito ritenute opere d’arte in sé, al di là dei loro contenuti. Aldo concepisce, senza teorizzarlo, il libro come un prodotto insieme estetico e culturale, artigianale e artistico. I suoi destinatari sono studiosi dei contenuti e amanti della forma, eruditi che apprezzano sia la cura testuale che la bellezza della grafica, bibliofili in cerca di classici e collezionisti invaghiti della veste editoriale. Per questi ultimi pubblicò, spesso su commissione, costosi volumi su pergamena. Il suo punto di partenza fu il carattere. Si pensi alla difficoltà di pubblicare in greco; fu il grande punzonista Francesco Griffo da Bologna a risolverla. Manuzio e i suoi eredi continuarono ad usare il corsivo latino di Griffo, che riproduceva, per quanto possibile, la scrittura a mano. Grande cura Aldo dedicò agli spazi fra le parole, alle sezioni di testo, alla punteggiatura, al formato; introdusse per primo la numerazione dei fogli per facilitare il lettore. Tipica la sua “invenzione” dell’ottavo per i classici (dal 1501, per pubblicare Virgilio), che verrà denominato “enchiridio” (libro che stia in una mano e costi poco) e avrà caratteri corsivi; senza commenti stampati e con abbondanti margini destinati alle note del lettore. Francesco Petrarca aveva auspicato codici di piccolo formato, scritti in maniera leggibile e di dimensioni funzionali. Su questa linea Manuzio creò “aldine” su carta azzurra, particolari anche se non preziose, divenute “rarità” in quanto stampate solo in pochi esemplari; il che testimonia come fra le invenzioni manuziane si annoverino anche quelle di vera e propria strategia del marchio (si pensi alle collane blu di tascabili di Franco Maria Ricci). Aldo fu diffidente nei confronti delle illustrazioni e in generale degli elementi extratestuali che possono ostacolare la fruizione del testo. Ma, da buon imprenditore, non abolì drasticamente le miniature e soprattutto lasciò che alcuni suoi clienti integrassero i loro enchiridi con innesti di decoratori terzi. In ogni caso l’Hypnerotomachia Poliphili (pubblicato nel 1499), illustratissimo, diventa il suo libro più famoso, capolavoro del Manuzio grafico, con incisioni di livello artistico e con impaginazioni di ispirazione architettonica. Il successo della xilografia, che trovava nella stampa un veicolo ottimale, portò al tripudio illustrativo (si pensi alla ridondanza dei frontespizi) del barocco, ma già nel Settecento l’artistica semplicità tipografica cercata da Manuzio tornò autorevolmente nelle creazioni editoriali di Giovan Battista Bodoni.

Ma l’immagine che connota da sola tutta l’impresa di Manuzio è il suo marchio editoriale: un delfino avvinto ad un’áncora, corredato dal motto “festina lente” (affrettati con calma).395618-012719 Il grande Pietro Bembo donò a Manuzio un’antica moneta romana recante, in rilievo, un veloce delfino che si aggrappa ad una solida áncora; Aldo decise subito che quello sarebbe stato l’emblema della sua fabbrica; era il 1502.

In realtà Aldo è a metà tipografo-designer e a metà umanista divulgatore dei classici antichi. Nasce fra il 1467 e il 1475 in un piccolo paese laziale, Bassiano. Si appassionò alla classicità e ne divenne insegnante, maestro di “humanae litterae” ovvero di grammatica latina e greca. Quasi quarantenne, si trasferì a Venezia, dove entrò in contatto con i circoli umanistici e con la maggiore densità di tipografie e librerie a livello europeo. Intuisce subito che i libri (stampati) sono il mezzo più efficace per la diffusione della cultura e sono altresì un’impresa commerciale. Si associa ad un facoltoso libraio e, fra il 1494 e il 1495, affronta il mercato. Esordisce nientemeno che con le opere di Aristotele, raccolte in cinque tomi in-folio, che procurano alla sua azienda editoriale un successo immediato. Riporta alla luce i testi di Aristofane, Erodoto, Luciano, Tucidide. Pubblica opere del Bembo inventando appositamente un carattere (denominato “bembo”) che si rifà alla minuscola carolina, in una veste tipografica raffinata e severa, senza illustrazioni. Contemporaneamente, nel 1499, si è già detto che stampa l’Hypnerotomachia, un racconto di un certo Francesco Colonna, corredato da 172 xilografie, certo uno dei capolavori della tipografia di tutti i tempi. Perfeziona la sua creatura prediletta, il libro tascabile, un oggetto alla portata di tutti, ideale per generare nuove pratiche culturali, da portare in viaggio e perfino in battaglia. Aldo entra in rapporto con Erasmo da Rotterdam, che si trasferisce a Venezia per curare direttamente l’edizione degli Adagia. Dal 1509 la storia di Manuzio viene bruscamente interrotta dalla guerra contro Venezia; nel 1512 riesce a riaprire l’attività e a stampare, già gravemente ammalato, il De rerum natura di Lucrezio. Muore a Venezia il 6 febbraio 1515; sul catafalco, il suo corpo viene circondato da volumi da lui editati.