Mi chiamo Franco Ferrari, un nome-cognome di una banalità sconfortante. Sono nato il 30 marzo 1951 ad Alessandria (Italia, Piemonte), una città che il poeta definirebbe “priva di lusinga”.

Negli anni universitari ho incominciato a “non” eliminare alcuni libri scolastici e ad acquistarne altri per il puro piacere di possederli. Ben presto ho percepito i sintomi della “malattia”: le consultazioni in biblioteche pubbliche le concepivo solo per ricerche specifiche; non volevo nemmeno ipotizzare il ricorso a prestiti privati; l’unico modo anche soltanto di cominciare a leggere un libro, che mi sembrasse accettabile, era che fosse fisicamente mio. Non mi sono perciò stupito quando ho scoperto che il linguaggio biblioteconomico definisce un libro appartenente ad una biblioteca, e quindi conservato fisicamente negli scaffali della stessa, con il termine “posseduto”. Oggi, abituati a raggiungere le pagine più diverse in remoto, immergendoci nel freddo dell’universo virtuale, può essere rassicurante scoprire che un oggetto-libro è lì, vicino a noi, impolverato, toccabile. Lo si può raggiungere nelle stanze di un palazzo secolare oppure vederlo arrivare trasportato da impianti d’avanguardia, ma è tutt’altra cosa averlo fra le pareti del nostro studio. In ogni caso questi contenitori testimoniano che possedere quell’oggetto significa avere un piccolo o grande “patrimonio”, un bene che per secoli è stato indispensabile per lo svolgimento di specifiche attività: lettura, studio, ricerca. Non dobbiamo poi turbarci dell’esplicita vena erotica del termine “posseduto”: avere nelle mani un libro appartiene all’estetica in senso etimologico, cioè alle pure sensazioni che proviamo a contatto con l’arte, come toccare (in barba alla sorveglianza) le marmoree cosce di un nudo femminile del Bernini. Aprire le pagine di un libro, di un libro che possiedi, che è “tuo”, è come aprire un cassetto chiuso da tempo, ritrovare una vecchia foto, ritornare nei luoghi dell’infanzia, rileggere un biglietto scritto da chi non c’è più. O come progettare un viaggio.

L’oggetto-libro cui qui mi riferisco è quello stampato in varie copie identiche, nato alla fine del Quattrocento, in cui siano contenute almeno alcune decine di pagine (ognuna equivalente ad una facciata) compresse in rilegature di vario tipo, con una copertina rigida o morbida in genere più alta che larga.

La biblioteca qui descritta è del tutto privata, cioè non nasce per essere aperta, con o senza apposite regole, all’utilizzo da parte di terzi. Quindi non cura l’interazione con l’esterno. La scelta del bibliotecario è di non imprestare nulla, o comunque di farlo a proprio insindacabile giudizio. Tale concezione è ampiamente documentata in queste pagine dal ripetersi dell’aggettivo possessivo: i miei libri, la mia biblioteca, etc. Inoltre, sottoscrivo quanto affermato da illustri bibliofili: imprestare un libro è un’istigazione al furto. Potrei far consultare i miei libri dopo averli incatenati ad appositi banchi, ma l’idea mi è parsa di troppo complessa attuazione e perdipiù in odore di oscurantismi ecclesiastici. Alla morte del sottoscritto bibliotecario gli eredi decideranno il da farsi, senza alcun vincolo. Tuttavia, dico “bibliotecario” perché, pur concependomi come unico utente, non ho disposto i libri in un voluto disordine esplorabile solo da me; non ho ritenuto di custodire esclusivamente nella mia memoria la reperibilità dei volumi in mio possesso. Come si vedrà più sotto, ho invece elaborato un catalogo cartaceo-informatico di tutto il mio posseduto, affinché ciascuno possa constatarne a tavolino la composizione ed effettuare eventuali ricerche interne.

La mia biblioteca non contiene edizioni rare né volumi di gran pregio. Essa è a tutti gli effetti generalista, anche se alcuni filoni sono numericamente più rappresentati di altri (cfr. più avanti i “Criteri di catalogazione”). Essa è semplicemente un fondo librario privato, costituito dai volumi raccolti negli anni dal bibliotecario in quanto lettore discontinuo e trasversale, innamorato del libro-contenuto e amante dissennato del libro-oggetto, studioso dilettante e come tale autore di saggi. Infatti, oltre ad articoli e documenti vari, ho pubblicato alcuni volumi, tutti dedicati alla organizzazione teatrale, che è stata la mia professione durante i 37 anni di presenza nel mondo del lavoro. Eccoli.

– F.F., Guida al teatro italiano contemporaneo, Gammalibri, Milano, 1980, Coll. “Guida” n°15, p. 140, cm 21.

– F.F., QualityShow. Qualità gestionale e sistema-sala. Norme ISO e attività dello spettacolo, FrancoAngeli, Milano, 2000, Coll. “azienda moderna” n°435, p. 157, cm 22,50.

– A cura di F.F. con Delmo Maestri, Mimma Gallina, Nuccio Lodato, Giorgio Guazzotti. Teoria e realtà di un intellettuale-teatrante, FrancoAngeli, Milano, 2006, p. 277, cm 22,50. Pubblicazione prodotta dal Teatro Comunale di Alessandria

– F.F., Intorno al palcoscenico. Storie e cronache dell’organizzatore teatrale, FrancoAngeli, Milano, 2012, Coll. “Pubblico, professioni e luoghi della cultura”, p. 206, cm 22,50.

– F.F., Virginia Marini. Una primadonna alessandrina fra la Ristori e la Duse, LineLab edizioni, Alessandria, 2013, p. 258, cm 24,00.  Pubblicazione prodotta da ISRAL – Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria “Carlo Gilardenghi”.

Mia moglie Damiana Martinelli, medico psichiatra e psicoterapeuta, ha messo a disposizione (dopo un non breve periodo di diffidenza nei miei riguardi) la sua raccolta di testi specifici. Attenzione: i libri di Damiana sono fisicamente collocati in scaffalature a sé stanti, e sono organizzati in modo autonomo rispetto ai miei. Tuttavia, abbiamo intenzione di congiungere le due identità della nostra biblioteca nel catalogo informatico, i cui criteri e i cui dati saranno dunque applicati a tutto il nostro posseduto librario (le parole-chiave sono il principale strumento offerto da tale integrazione). Damiana ha sempre sostenuto con me l’onere degli acquisti, ed è stata determinante nei vari traslochi dell’intera biblioteca in ogni nostra casa. Nell’ultima, nata proprio in questi giorni, è stata Lei a persuadermi di non eliminare neanche un volume (pensavo fosse giunto il momento!) e quindi di tenerceli tutti stretti, forti della certificazione di un ingegnere che ci ha periziato la portanza delle solette! Mi sembra dunque incontestabile riconoscere a Damiana il diritto di associare il proprio cognome in ditta: ed ecco la Biblioteca privata Ferrari-Martinelli, che oggi è interamente disponibile sulle pareti della nostra casa di Momperone (AL), un simpatico paesello dimenticato da dio e dagli uomini ai piedi del preappennino ligure.

Come detto, non sono mai stato un lettore né metodico né accanito, anzi: spesso non terminavo i libri che avevo incominciato a leggere. Soltanto negli ultimi anni ho preso a leggere molto; la cosa è coincisa con la decisione di dare un ordine al mio “posseduto”, non certo ad una presunta sapienza acquisita, ma semplicemente alla mia modesta collezione. Quindi mi sono concesso un giochino innocente, un po’ maniacale, ma approcciato con il massimo di serietà dilettantistica. Ho infatti seguito un (bellissimo!) corso di biblioteconomia del professor Maurizio Vivarelli dell’Università di Torino nell’anno accademico 2012-13. Da allora continuo a leggere testi riguardanti in vari modi il “libro”, ai quali nella biblioteca ho dedicato una specifica sezione.

Questi studi mi hanno convinto ad intraprendere una auto-catalogazione dei miei libri. In particolare, ho attinto notizie fondamentali da Il catalogo di Carlo Revelli, da me posseduto nella terza edizione aggiornata al 2008 (Editrice Bibliografica, Milano, febbraio 2010).

Com’è noto, le norme di catalogazione variano o si sviluppano periodicamente, si possono considerare “aperte”. La IFLA (Federazione Internazionale delle Associazioni di Biblioteche) detta le norme ISBD (International Standard Bibliographic Description), che in Italia sono state recepite nel 1978 dalle RICA. Rispetto al libro cartaceo tradizionale le norme ISBD riguardano le cosiddette “monografie” (pubblicazioni a stampa in senso lato indicate con “M”) e i libri antichi. Evidentemente, il suddetto saggio di Revelli può risultare superato in varie parti; tuttavia costituisce un’autorevole guida per un bibliotecario privato come il sottoscritto, che desideri soltanto mettere dilettantisticamente in ordine il proprio tesoretto librario, con scopi del tutto autoreferenziali. Da questo punto di vista, il saggio ha consentito allo scrivente catalogatore di assumere i seguenti criteri.

La “segnatura”, che permette il recupero fisico del documento, è indicata in ciascuna scheda nella casella che il mio programma informatico (cfr. più sotto) denomina “collocazione” dell’opera, e nei miei scaffali si riferisce a quanto da me trascritto su una etichetta che incollo al piede del dorso di ciascun volume. L’etichetta sul dorso dei libri (posizionati sempre in verticale, a meno di eccezionali problemi di distribuzione sui ripiani) è l’immediata connotazione visiva di una biblioteca classica, almeno per quanto riguarda la mia sensibilità di bibliofilo novecentesco. Una biblioteca privata può avere una seconda connotazione ancora più antica, nata dall’eterna gelosia di qualunque “possessore”. Contemporaneamente all’incollamento dell’etichetta, appongo su ciascun volume il mio ex-libris, disegnato dall’amico pittore Gianni Baretta da Alessandria; in genere lo faccio sul risguardo, inteso come seconda di copertina, oppure sulla prima pagina interna (v. qui sotto). Il “punto di accesso” in un catalogo cartaceo coincide di fatto con la segnatura, in quello informatico è allargato a tutte le entrate fornite dal “filtro” del sistema.

Il catalogatore rimane in verità soltanto uno schedatore se non mette in rapporto le voci all’interno del catalogo. Innanzitutto, deve mettere l’utente nelle migliori condizioni di utilizzo. Il suo primo compito è “descrivere” il documento. Le ISBD(M) prevedono otto aree in cui ripartire la descrizione. La fonte principale delle informazioni è il “frontespizio”, affermatosi a partire dagli inizi del ‘500, insieme alle indicazioni finali che oggi sono molto ridotte rispetto al colophon antico. Da Crivelli ho appreso e applicato alcune “aree” specifiche.

1)   Area del titolo e dell’indicazione di responsabilità.

Con titolo intendiamo il titolo proprio e i suoi complementi indicati dalla pubblicazione (copertina e/o frontespizio). Per indicazione di responsabilità intendiamo l’autore/i o, in assenza, il curatore/i. Rimane il problema “autori vari”, una definizione certo vaga cui lo scrivente catalogatore è comunque ricorso ogni volta in cui gli è sembrata la soluzione più comoda.

2)   Area dell’edizione e area della pubblicazione.

I due termini spesso si confondono. L’edizione identifica il come (prima edizione, ristampa, nuova edizione, edizione riveduta, etc) il prodotto-libro è stato messo in distribuzione in copie identiche. Il termine pubblicazione indica un prodotto-libro finito. Il luogo di edizione è diventato meno importante, nelle bibliografie può anche mancare. Se il libro stesso non lo riporta, la cosa si può dichiarare con sine loco (S.L.). L’editore è il produttore, normalmente è riportato in fondo al frontespizio. Il tipografo, vero pioniere del libro moderno, è indicato marginalmente in ultima pagina (recentemente può essere evidenziata la carta utilizzata, in rapporto alla qualità editoriale ma anche all’attenzione per l’ambiente). La data di edizione è indispensabile. Si tratta dell’anno indicato dall’editore come inizio della diffusione del prodotto-libro, non quello del copyright. In assenza di una data esplicita, occorre cercare nel testo una indicazione sostitutiva.

3)   Area della descrizione fisica.

La fonte per quest’area è l’intera pubblicazione. Il primo elemento è il numero dei volumi (quello fisico, aldilà delle differenziazioni in tomi); poi quello delle pagine (numeri arabi per quelle strettamente testuali, romani per le altre); poi eventuali tavole fuori testo. Si deve indicare se il libro è illustrato nella paginazione, oppure con figure specifiche, foto, etc; le tavole fuori testo non riguardano la paginazione; tabelle, diagrammi, etc non sono illustrazioni. Le abbreviazioni valgono per il singolare e per il plurale. Per il formato si indica solo l’altezza calcolata sulla copertina, semplicemente con cm; la larghezza è facoltativa ma è opportuna quando è uguale-maggiore dell’altezza. Infine, si citano gli eventuali allegati che facciano parte integrante del volume (disco, carta geografica, riproduzioni di documenti, etc).

4)   Area della collezione.

La collezione (collana) riguarda le opere in serie; in genere ha un titolo comune e l’indicazione del direttore/curatore.

5)   Area delle note.

Da usare liberamente.

6)   Area del numero normalizzato e delle condizioni di reperibilità.

In Italia si è diffusa la numerazione normalizzata ISBN (International Standard Book Number) adottato per tutte le pubblicazioni monografiche. Questo codice viene utilizzato a sua volta per il codice a barre EAN (European Article Numbering) che vale per qualsiasi articolo commerciabile. Mentre scrivo, il numero ISBN che appare stampato sul libro comincia con il n°978 che denota l’articolo libro ed è seguito da vari numeri. Il n°88 caratterizza l’Italia (e anche Svizzera italiana, Vaticano e San Marino); le cifre successive caratterizzano l’editore; l’ultima cifra è di controllo (può essere anche una X).

Sempre rispetto alle pubblicazioni cartacee le norme di descrizione del Revelli proseguono per altre categorie. Innanzitutto, il “libro stampato antico” [in cui si può inserire altresì la tipologia generica di libro raro] che comprende: incunaboli (dall’invenzione della stampa all’anno 1500 compreso), cinquecentine e secentine (dal 1501 all’anno 1700 compreso); altri, editi fino all’avvento del torchio meccanico, ca 1830. Ho già detto che la mia biblioteca non presenta volumi di gran pregio; comunque contiene alcuni volumi settecenteschi, un certo numero di ottocenteschi editi sia prima che dopo il 1830, e altri primonovecenteschi; alcune edizioni particolari (p.es. di Tallone e di Franco Maria Ricci): tutti catalogati, così come lo sono i “fuori formato” e le “grandi opere” a più volumi.

Per rendere “scritta”, o meglio: consultabile, questa catalogazione ho escluso a malincuore di ricorrere alle mitiche “schede” cartacee, glorioso simbolo e innegabile fascino delle biblioteche storiche. In un raptus di contemporaneità, per completare operativamente il progetto di diventare il bibliotecario di me stesso, ho deciso di adottare un programma informatico: “ManyBooks 6.0 (Copyright Massimo Nardello, Modena 2001 – 2006)”. Come si vede, anche questo strumento è già miseramente vecchio; immaginiamoci come lo sarà al termine del mio lavoro! Tuttavia, il mio amico consulente informatico -Davide Caruso da Alessandria- mi ha assicurato che il supporto informatico prescelto avrà una durata accettabile, anche se di gran lunga inferiore a quella delle mie dilette creature cartacee. È nota infatti la caducità sempre maggiore di qualsiasi modello sia di software che di hardware; la dice lunga la scomparsa di strumenti come il floppy-disk, o la stessa “chiavetta”, ritrovatasi improvvisamente obsoleta. Sembra che il dispositivo hardware denominato eBook non abbia soppiantato, nel cuore dei lettori, lo “scomodo” libro di carta (evviva!); tuttavia ha un suo mercato. Inoltre il recente sconvolgimento mondiale operato dalla pandemia di corona-virus, ha rilanciato l’audiolibro come compagno di lettura terapeutica. Insomma: si sa che digitalizzare non significa conservare in eterno; il mio caro ManyBooks è già adesso un esempio di archeologia informatica, tuttavia confido che i miei eredi (o, magari prima, il mio amico Davide) riescano a trasferirlo su nuovi software o come si chiameranno i futuri strumenti.

Il gran lavoro di catalogazione che sto svolgendo con ManyBooks per ora non può essere stampato, ma naturalmente è molto più utilizzabile delle suddette “schede” stipate nei mitici mobili a cassettini. ManyBooks è un programma di schede librarie informatiche in cui si può entrare da vari accessi e poi navigare lungo varie rotte. In proposito mi sembra opportuno aggiungere qualche informazione tratta dal manuale d’uso del programma. «ManyBooks è un software open source per ambiente Windows che consente di effettuare una catalogazione bibliografica; è stato pensato principalmente per essere utilizzato da chi è impegnato in un’attività di ricerca di qualunque tipo e ha il bisogno di schedare ciò che studia. Con ManyBooks è possibile non solo catalogare libri, articoli di riviste o contributi di singoli autori all’interno di opere collettive (es. miscellanee), ma è pure possibile associare a ciascuna scheda bibliografica diverse schede di note contenenti citazioni dell’opera schedata, commenti, ecc.; a ciascuna nota, poi, è possibile allegare un file, come un documento in formato pdf, un testo di Microsoft Word o un’immagine, che può essere successivamente recuperato e visualizzato. Ad ogni scheda bibliografica è possibile associare un qualsiasi numero di parole chiave, utili a reperirla in fase di ricerca. Infine, Many Books consente ad un gruppo di ricercatori di scambiarsi agevolmente il materiale schedato: è possibile infatti importare ed esportare le schede bibliografiche desiderate con le relative note, allegati e parole chiave.

Il programma è diviso in tre sezioni. «Schede di catalogazione»: in questa sezione è possibile inserire i dati per la catalogazione, associare a ciascuna scheda bibliografica delle parole chiave e delle note contenutistiche; è poi possibile svolgere delle ricerche, ma solo sui dati bibliografici: la ricerca sulle parole chiave e sulle note, infatti, si svolge nelle sezioni seguenti. «Archivio delle parole chiave»: in questa sezione è possibile selezionare le schede bibliografiche attivando un filtro sulle parole chiave. «Archivio delle note»: in questa sezione è possibile selezionare le note contenute in tutto l’archivio attivando un filtro sia sui campi della schedatura bibliografica che su quelli delle note stesse; il contenuto di ciascuna nota viene poi visualizzato in una sorta di archivio virtuale che è possibile scorrere come se si stesse consultando una serie di schede cartacee.»

 

Ho già detto di non aver avuto criteri scientifici nel mio abbastanza compulsivo accumulo librario. Preciso che, con il passare degli anni, ho maturato un interesse verso l’oggetto-libro “bello” (edizioni ben curate) e “vecchio” (soprattutto ottocentesco) indipendentemente dai contenuti. Ho sempre apprezzato i “fuori formato”, pur essendo degli incubi per un bibliotecario invecchiato (spostare libri pesanti, ad una certa età è come movimentare le lenzuola negli armadi: citazione letterale di una sentenza della mia indimenticabile nonna materna Xenia). Mi sono sempre più appassionato alle “grandi opere” a più volumi, e alle collane. Nei miei acquisti ho seguito quindi varie linee parallele; ma in nessun luogo come in una biblioteca le parallele convergono spontaneamente, magari durante le ore notturne.

Mi sono laureato in storia del teatro nel 1975, con una tesi su Dario Fo, che fu pubblicata su una rivista e che mi inoculò la voglia di scrivere “sul” teatro, ma soprattutto quella di collezionare testi di contenuto storico-teatrale, molti dei quali ho donato al Teatro Comunale della mia città (e ho fatto male!). Nel 1980 pubblicai giovanissimo una presuntuosa “guida” teatrale (cfr. più sopra l’elenco delle mie “opere”). Dopo la laurea ho fatto professionalmente l’organizzatore teatrale dal 1977 al 2012, cioè per tutta la mia vita lavorativa; durante la quale ho comprato molti testi di storia e anche di organizzazione dello Spettacolo: teatro, musica, danza, cinema, non dimenticando testi sull’arte figurativa. La mia specializzazione mi ha portato a studiare il management applicato al mondo artistico. Ho lavorato in anni in cui si diffuse l’economia della cultura, con la sua figlioccia prediletta: l’aziendalizzazione (dei teatri, dei musei, degli eventi, e altro). È stata una ubriacatura, come tale sia creativa che esagerata, nella quale mi sono immerso completamente; che ha prodotto una autentica valanga di pubblicazioni saggistiche, delle quali ho fatto incetta e sulle quali ho assai studiato, arrivando a pubblicare sul tema “management teatrale” tre saggi abbastanza apprezzati dagli addetti ai lavori (cfr più sopra: 2000, 2006 e 2012). Verso il fine carriera ho recuperato il vecchio amore per la storia teatrale e ho pubblicato (2013) la biografia critica di una attrice ottocentesca, di cui sono molto fiero anche perché è un libro “bello” grazie alla cura dell’amico editore Giorgio Annone da Alessandria. Ho sempre comprato libri di letteratura, italiana e straniera; ovviamente di letteratura teatrale e di drammaturgia; di critica letteraria; di letteratura “gialla”. Non ho certo trascurato i classici. Ho acquistato, con grande cura, testi di Filosofia, di Religione e di Pensiero in genere. Ho raccolto un certo numero di opere di due pensatori: Umberto Eco e Hans Küng, che nel mio immaginario rappresentano, il primo il trionfo del sapere filtrato dall’intelligenza e, in particolare, l’apoteosi della bibliofilia, e il secondo il migliore sostegno ad un non credente da sempre interessato alle religioni. Minore attenzione ho dedicato alla Storia e alla Scienza-Tecnologia, ma per queste materie ho compensato raccogliendo importanti Grandi Opere. Recentemente mi sono occupato di pubblicazioni sulla lingua italiana. E soprattutto, con il progredire della mia biblioteca, ho alimentato un entusiasmante filone sull’universo “libro”: dalla storia dell’oggetto-libro, alla scrittura, alla carta, all’editoria, alla biblioteconomia, e altro.

Ho pensato a una “biblioteca” mia quando mi sono accorto che stavo superando le 3.000 unità-libro. Naturalmente sono sempre stato consapevole che è l’interesse letterario-scientifico-culturale verso i “contenuti” dei libri a giustificarne la funzione, sostenerne la diffusione, sancirne il valore e la durata.   Tuttavia, ricordiamoci che gli inizi della “bibliografia” dipendono da chi incominciò ad elencare i propri libri, non soltanto per una sorta di accertamento patrimoniale ma per fornire uno strumento pratico all’acquisizione del Sapere.

Nella catalogazione i miei ambiti di interesse sono diventati dei codici, che qui elenco.

 

CRITERI DI CATALOGAZIONE

(con l’indicazione dei relativi codici)

 

A = LETTERATURA:

–          CRITICA LETTERARIA CrLe. In questa sezione sono compresi saggi di letteratura, storie letterarie, scritti vari che si occupino anche indirettamente di temi letterari, biografie di autori letterari.

–          LETTERATURA ITALIANA LeIt. Opere letterarie di autori italiani.

–          LETTERATURA STRANIERA LeSt. Opere letterarie di autori non italiani.

–          LETTERATURA CLASSICA LeCl. Opere letterarie scritte fra l’Antichità e il XV secolo compreso.

–          LETTERATURA TEATRALE LeTe. Opere drammaturgiche di qualsiasi autore ed epoca.

–          LETTERATURA GIALLA GIAL. Romanzi e racconti gialli, noir, e simili.

–          DIALETTALE DIAL. Opere letterarie scritte in dialetto.

 

B = SAGGISTICA:

–          ARTI ARTI. Scritti storici e critici riguardanti il mondo dell’Arte e dello Spettacolo (con esclusione del Teatro).

–          PENSIERO PEN. Scritti critici e storici di filosofia, opere di ambito culturale interdisciplinare o teoretico, saggi di “maestri”.

–          MANAGEMENT ORG. Saggi di storia e teoria sull’organizzazione. Saggi su aspetti economici e amministrativi.

–          RELIGIONE REL. Opere e saggi riguardanti qualsiasi delle religioni mondiali. Scritti sulla religiosità e sull’ateismo, sulla fede e sulla non-fede, sulla morte.

–          SCIENZA SCI. Opere e saggi riguardanti il pensiero scientifico. Astronomia, matematica, medicina. Saggi sul cervello umano.

–          SOCIETA’ SOC. Scritti di cultura generale, di sociologia, di etnologia, di costume, di geografia, di giornalismo.

–          STORIA STO. Saggi su personaggi, su territori, su eventi, su epoche della storia del mondo.

–          TECNOLOGIA TEC. Scritti vari su radiotelevisione, su computer e web.

 

MONO = settori monografici:

–          HANS KUNG KUN. Scritti vari in edizione italiana.

–          UMBERTO ECO ECO. Scritti vari in edizione italiana.

–          LIBRI BIB. Scritti sulla storia e sulla tecnica dei libri cartacei. Storia della scrittura e della lettura.

–          LINGUA LIN. Dizionari, grammatica, storia della lingua italiana.

–          TEATRO TEA. Scritti sulla storia, sulle tecniche e su temi specifici del teatro mondiale.

–          TERRITORIO TER. Scritti vari riguardanti realtà locali, con particolare attenzione al Piemonte e alla città di Alessandria.

 

COLLANE COLL= libri appartenenti alla stessa collana editoriale:

–          BIOGR. Biografie Dall’Oglio

–          BOMP. Bompiani

–          BUR. Volumi della collezione “Biblioteca Universale Rizzoli”

–          GEDEA. Capolavori DeAgostini

–          GIAL. Volumi appartenenti a collane di Gialli

–          LIBRETTI. Volumetti in edizione economica, abbinati a giornali.

–          LBB. La Biblioteca Blu di Franco Maria Ricci

–          MAE. Maestri. Collana delle edizioni paoline.

–          MEDU. Medusa Mondadori

–          MEM. Collana “La Memoria” di Sellerio editore Palermo.

–          MERID. Meridiani Mondadori

–          MILLE. I Millenni Einaudi

–          MONTA. Collezione Montanelli

–          NOBEL. Collezione letteratura

–          PLEIA. Pleiade Einaudi Gallimard

–          SPIGA. Spiga Garzanti

GRANDI OPERE GROP. Dizionari, enciclopedie, saggi, miscellanee in più volumi e con veste editoriale importante.

FUORI FORMATO FUFO. Volumi sopra i 30/35 cm di altezza con larghezze varie.

“VARI„ VARI. Opere edite fino alla metà del Novecento, in particolare nell’Ottocento, e altri a totale arbitrio del bibliotecario.

 

NB: alcuni libri portano le seguenti annotazioni manoscritte:

LIBRO DI DAMIANA = di mia moglie Damiana Martinelli. / LIBRO DI ALIOSCIA = appartenuto a mio figlio (e della mia prima moglie, Claudia Villa) Alessio Carlo Ferrari detto Alioscia (1976-2007). / LIBRO DI MILLINA = appartenuto a Camilla Bergaglio Martinelli detta Millina (1929-2016), madre di mia moglie Damiana. / LIBRO DI PAPA’ = appartenuto a Giuseppe Ferrari detto Pino, mio padre (1921-1983). / LIBRO DI DARIO = appartenuto a Leonardo Dario Martinelli (1927-2010), padre di mia moglie Damiana.

 

 

Dunque, ho illustrato pienamente la struttura della Biblioteca Privata Ferrari-Martinelli. Ma ora aggiungo che vi ho messo sopra una specie di cappello. Nonostante la mia felicità sia riposta nel chiudermi nel mio scriptorium, circondato dai libri, a leggere e catalogare (immaginandomi nei panni del san Gerolamo di Antonello), ho ceduto alla tentazione di informare il mondo dell’esistenza della mia bibliocreatura; il che oggi è purtroppo realizzabile inserendo il suono della propria voce nell’assordante rumore di fondo e nella pericolosa accoglienza della “rete”. L’impareggiabile Davide mi ha fabbricato un sito chiamandolo www.francoferrarimybooks.it, in cui innanzitutto ho inserito i miei cinque saggi editi (citati più sopra) offrendone la totale leggibilità; inoltre vi pubblico periodicamente delle recensioni riguardanti esclusivamente testi posseduti dalla mia biblioteca, a cominciare dai saggi che si occupano di libri.

C’è un evidente narcisismo in questa scelta. Se un ricercatore vuole scrivere un saggio su uno scienziato, un letterato, un filosofo, evidentemente si dedicherà ai suoi scritti e alle sue pubblicazioni, insomma: alle sue opere. Oppure vorrà scriverne la biografia; oppure (e nel panorama editoriale odierno questa opzione è ben rappresentata) deciderà di tracciare un ritratto credibile del personaggio di suo interesse attraverso i suoi libri, il suo posseduto librario. Perché? Perché, per quanto sia stata distratta l’acquisizione di libri da parte del “possessore”, per quanto nell’arco della vita sia stata caratterizzata da criteri diversi e magari contradditori, se una persona non compra libri soltanto per leggerli, ma per ampliare la sua dotazione su materie, su filoni che sta studiando o che intende studiare; e dunque per condervarli, anche disordinatamente: ebbene, questa persona sta costituendo, dapprima inconsapevolmente, la “sua” biblioteca, con la quale presto instaura un legame emotivo, diciamo pure: sentimentale. Evidentemente, fra i posteri non ci sarà nessuno interessato a studiare la vita di Franco Ferrari, ma il suddetto narcisismo mi ha spinto a lasciare una memoria di me a disposizione di un eventuale curioso.

Terminata la mia vicenda professionale (tutta dedicata all’organizzazione teatrale) e ormai esaurite le offerte di incarichi istituzionali (da ultimo, sono stato Sindaco di Vignale Monferrato), mi sono ritrovato con un rapporto molto problematico con la mia contemporaneità. La politica (a cui ho sempre partecipato, con diverse responsabilizzazioni) è divenuta per me incomprensibile, e il tentativo di comprenderla improvvisamente non mi appare più come un dovere sociale. Ovviamente non demonizzo l’inesorabile sviluppo della tecnologia (sto utilizzando un pc), ma voglio tenerlo a distanza perché lo considero un distruttore di umanesimo.

Mi interessa il “mio” passato, voglio dire: le idee alle quali mi sono rapportato e i modi con cui le ho applicate. I libri che ho raccolto sono il materiale perfetto per una critica, approfondita ricapitolazione della mia vita intellettuale, senza patetismi e pentimenti ma con un desiderio di conoscenza rinnovato. Come ho già detto, in questa biblioteca c’è un posseduto librario di mia moglie Damiana e soprattutto c’è il suo indispensabile apporto fisico e intellettuale; ci sono libri che furono dei nostri genitori; c’è qualche volume che appartenne a mio figlio Alioscia. Questa biblioteca è un piccolo mondo, un rifugio protettivo ma aperto.  Bando alla retorica: avete capito che in realtà è il mio giochino per la vecchiaia (già arrivata).

Ancora mi compiacevo di questi ultimi pensieri quando nel febbraio scorso il mondo intero è precipitato nella tragedia del corona-virus. Non è questa la sede per parlarne, ma devo annotare che l’auto-confinamento domiciliare (che la mia condizione di pensionato mi ha concesso di impormi pienamente) è stata veramente alleviata dalla mia biblioteca. Non soltanto le attività di lettura, di catalogazione, di studio, si sono intensificate, ma soprattutto la “convivenza” con i miei libri è maturata. Abitare con un proprio Sapere, poterlo verificare o approfondire in qualsiasi momento del giorno e della notte, insomma: “possederlo”, è una sensazione impagabile. I libri sono degli amici fedeli e generosi.

(Momperone – AL, 6 maggio 2020)